Semi appartenenti alla famiglia delle Papilionacee o leguminose. Essendo classificabili come prodotti proteici rappresentano nel pasto una valida alternativa a carne, pesce, uova e latticini. Il valore nutrizionale riferito alla qualità proteica è medio poiché non posseggono tutti gli amminoacidi (mattoncini che costituiscono le proteine) essenziali per soddisfare i fabbisogni dell’organismo. La qualità biologica però può essere migliorata grazie ad opportune combinazioni con i cereali.

Immaginate cereali e legumi come due tessere di un puzzle esattamente complementari: I cereali contengono generalmente solo 8-15% di proteine e forniscono solo alcuni degli otto amminoacidi essenziali come la metionina e il triptofano, mentre gli amminoacidi limitanti e in particolare la lisina sono presenti in quantità ridotte. Questa carenza viene colmata dalla ricca fonte di lisina presente nelle leguminose che combinazione è povera di amminoacidi solforati, metionina e cisteina. La loro unione quindi permette di ottenere un prodotto adeguato dal punto di vista proteico.

 

Legumi: ferro e calcio a volontà!

I legumi sono ricordati tra gli alimenti che maggiormente contribuiscono al soddisfacimento delle richieste di ferro e calcio. La differenza con altri prodotti proteici consiste nella biodisponibilità, o percentuale di minerale effettivamente assorbita. I fitati contenuti nei legumi infatti sono in grado di limitare l’assorbimento di ferro. Vengono però inattivati con un ammollo e una lunga cottura. E per incrementare l’assorbimento del minerale si può insaporire il tutto con del succo di limone, se si prepara un’insalata fredda di leguminose, oppure una salsa di pomodoro o pomodorini freschi durante la cottura di una minestra di legumi.

Sazietà assicurata

Altra importante caratteristica è il contenuto di fibra che non sono li rende più sazianti ma migliora il transito intestinale. Un po’ più impegnativi per chi soffre di colon irritabile, a cui consiglio, previa periodo di esclusione, una reintroduzione a partire da piccoli quantitativi di lenticchie rosse decorticate e piselli fino ai fagioli, un ammollo di 12-24 ore cambiando l’acqua una o due volte e una bollitura senza coperchio per lasciar evaporare gli enzimi indigeribili con aggiunta di semi di finocchio e aceto di mele a fine cottura per migliorare la digestione.
L’apporto di grassi è modesto (generalmente inferiore al 10% tra cui spiccano gli acidi grassi polinsaturi) tanto che numerosi studi hanno messo in evidenza il legame tra un elevato (almeno 2-3 volte a settimana a scapito di proteine animali) consumo di questi prodotti, valore aggiunto della nostra dieta mediterranea, e una bassa incidenza di malattie cardiovascolari.

Forniscono una percentuale relativamente importante di carboidrati ma con un basso indice glicemico (ceci 17, fave 37, fagioli e lenticchie 48) per l’elevata presenza di amido resistente (non attaccabile dai nostri enzimi intestinali) e da steachiosio, verbascosio e raffinosio. Si tratta di tre oligosaccaridi altamente fermentiscibili, ovvero utilizzati dal nostro microbiota intestinale con conseguente produzione di gas.  Aspetto negativo? Se considerato solo da questo punto di vista non si comprende l’interesse che suscitano. In realtà la categoria di oligosaccaridi contribuisce, insieme ad altre fibre solubili, a migliorare le caratteristiche del nostro microbiota e quindi del nostro tratto gastrointestinale.

I consigli della nutrizionista

Il mio consiglio è quello di assumerli:

  • due-tre volte a settimana,
  • ai pasti principali,
  • associati a cereali di vario tipo (pasta o pane di grano duro, riso, farro, orzo, kamut…),
  • nelle insalate, minestroni o zuppe di verdure e cereali come piatto unico,
  • preferendoli freschi o secchi a quelli in scatola,
  • abbinati al succo di limone/arancia o pomodoro/peperoni freschi.